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Ripubblica pezzo del padre Un anno al figlio di Dink

Il Manifesto
12 Ottobre 2007

Ripubblica pezzo del padre Un anno al figlio di Dink

Il tribunale di Istanbul ha condannato ieri a un anno di carcere il
figlio di Hrant Dink, Arat, che ha preso il posto del padre alla
direzione di Agos, e il proprietario della rivista, Serkis Seropyan.
Ancora una volta l’accusa per i due giornalisti è quella di
«diffamazione dell’identità turca», reato previsto dall’articolo 301
del codice penale. Il processo era stato avviato dopo che Agos (il
settimanale che Dink dirigeva quando è stato ucciso) aveva deciso di
ripubblicare stralci di una intervista che Hrant Dink aveva concesso
alla Reuters nel luglio del 2006. Dink, che era sotto processo
(l’ennesimo) per aver offeso la «turchitudine», aveva ripetuto che lo
sterminio degli armeni tra il 1915 e il 1917 non poteva che essere
definito genocidio. «Certo che lo chiamo genocidio. – aveva detto –
Viste le conseguenze di ciò che è accaduto, il nome è praticamente
automatico: un popolo che aveva vissuto in questa regione per
quattromila anni non esisteva più». La condanna del figlio di Dink e
del proprietario di Agos (nel giorno in cui la Turchia sfoga tutta la
sua rabbia contro gli Stati uniti proprio sulla questione armena)
riporta in primo piano anche la controversia legata all’articolo 301.
Nomi illustri sono stati processati e continuano ad essere
condannati: dal premio Nobel Orhan Pamuk alla scrittrice Elif Safak,
solo per citare gli ultimi due casi. In Turchia sono attualmente in
carcere 23 giornalisti.

Torosian Aram:
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