Historical step of Swiss Mediation on eve of Genocide commemoration

La Stampa, Italia
24 aprile 2009 venerdì

PASSO STORICO MEDIATO DALLA SVIZZERA ALLA VIGILIA DELLA COMMEMORAZIONE
DEL MASSACRO PERPETRATO DALLE TRUPPE OTTOMANE Turchia-Armenia, prove
di disgelo Una road map in tre punti per riallacciare i rapporti
diplomatici interrotti nel 1993

MARTA OTTAVIANI

ANKARA La Turchia e l’Armenia hanno trovato un accordo per un percorso
che porti alla normalizzazione dei loro rapporti. Lo ha annunciato il
ministero degli Esteri turco nella tarda serata di mercoledì, con un
comunicato ufficiale congiunto, a due giorni da oggi, data in cui si
commemora il massacro della popolazione armena da parte delle truppe
ottomane. Un eccidio che la comunità internazionale e la Diaspora
armena vorrebbero veder dichiarato "genocidio", anche nel discorso che
il presidente Obama pronuncerà negli Usa, e che la Turchia si rifiuta
di dichiarare tale, contrapponendo la propria versione dei fatti: non
un milione di vittime sterminate metodicamente, ma 300 mila morte per
tragiche fatalità e non secondo una strategia precisa.

L’accordo fra i due Paesi, mediato dalla Svizzera, è un passo storico
per le loro relazioni. Nel 1993 i turchi decisero di chiudere il
confine, anche a causa del conflitto fra Armenia e Azerbaigian per il
controllo della regione del Nagorno-Karabakh, in territorio azero,
invasa dalle truppe armene e teatro di un sanguinoso conflitto, dove
Ankara ha sempre preso le difese di Baku. Nella dichiarazione
congiunta turco-armena si legge che "Turchia e Armenia hanno lavorato
intensamente per normalizzare le relazioni bilaterali e intendono
svilupparle in uno spirito di buon vicinato e mutuo rispetto, per
promuovere pace, sicurezza e stabilità in tutta la regione. In questo
contesto è stata definita una road-map". Fonti di stampa turca hanno
reso noti i contenuti del percorso, che si concentrano su tre punti:
apertura e riconoscimento dei confini, soluzione condivisa sui fatti
del 1915, accordo sul Nagorno-Karabakh. L’Armenia non intende opporre
resistenze sul riconoscimento dei confini turchi, ma trovare un
accordo sul massacro del secolo scorso e sul Nagorno potrebbe causare
più di un problema. La Arf, la Federazione armena rivoluzionaria, una
delle formazioni più nazionaliste, ha espresso parole di apprezzamento
per la ripresa del dialogo e promesso che oggi, durante le
commemorazioni ufficiali del genocidio a Erevan, non verranno compiuti
atti oltraggiosi contro le bandiere turche, a differenza di quanto
successo gli anni precedenti.

Il dialogo fra i due Paesi è iniziato nel 2007, dopo l’assassinio a
Istanbul del giornalista armeno Hrant Dink. La Turchia in questi due
anni ha compiuto passi significativi. All’inizio di aprile sono
iniziate trasmissioni in lingua armena e l’anno prossimo si apriranno
facoltà in armeno nelle università. Anche la società civile ha fatto
la sua parte. A ottobre un gruppo di 300 intellettuali, seguito da
altri 29 mila esponenti della società civile, ha sottoscritto una
petizione in cui chiedeva scusa "ai fratelli armeni" per gli
avvenimenti del 1915.

Dal punto di vista diplomatico ed economico la normalizzazione delle
relazioni serve a tutti: alla Turchia per dimostrare a Bruxelles che
si lavora per l’ingresso nell’Ue; agli Usa, che dimostrano di essere
un partner affidabile e capace di mediare in conflitti nevralgici come
quello caucasico; all’Armenia per uscire dal suo isolamento e venire
coinvolta nelle rotte commerciali ed energetiche della regione. A
guastare l’idillio potrebbe essere proprio lo storico alleato di
Ankara: l’Azerbaigian. Che proprio ieri ha fatto sapere che una
normalizzazione è impossibile senza prima una soluzione per il
Nagorno-Karabakh, la regione del Caucaso che contende all’Armenia.