ROMA – Yerevan, Armenia, un milione di abitanti che vivono a mille metri di altezza, lì dove è antropologicamente nata la (cosiddetta) razza bianca e dove l’uomo ci mette molto a morire. Studiosi di tutto il mondo si sono precipitati a venire qui per scoprire il segreto di alcune enclave del Paese dove si vive più a lungo che altrove.
Provenendo dall’Europa occidentale sbarchi a Yerevan quasi sempre nel cuore della notte. I 28 gradi delle 4 del mattino preannunciano i 40 che ti accompagneranno per tutto il giorno fino a sera, quando una gradevole brezza rinfrescherà la canicola bollente con cui sarai costretto a convivere fino ad allora. Con il suo tipico clima continentale, l’Armenia sconta sul suo territorio la presenza massiccia delle montagne del Caucaso, confine naturale tra l’Europa e l’Asia, rilievi che divide con Georgia, Azerbaidjan, parte della Turchia e di alcune Repubbliche più o meno autonome della Russia, quali la Cecenia.
Il sistema montuoso impedisce d’estate che le correnti del nord rinfreschino il suo clima torrido, d’inverno che l’aria calda del sud la riscaldi. Il risultato è una escursione termica tra le stagioni di 60 gradi come in nessun’altra parte del mondo. La città, pur ordinata e pulita, non ha il fascino della vicina Tblisi con cui è molto ben collegata. Tuttavia alcuni scorci ricordano che questa città ha vissuto tante epoche, dal dominio ottomano sino a quello sovietico, ed ognuna ha lasciato una testimonianza assolutamente evidente.
Centro culturale di primaria importanza, Yerevan si distingue per i tanti teatri, molti dei quali in periferia e per il primato che ha sempre vantato in campo musicale, un ambito in cui si distinguono grandi eccellenze in una regione che peraltro non scarseggia affatto di talenti. Sicura e cordiale Yerevan accoglie i visitatori in una atmosfera gentile e rilassante che fa dimenticare la frenesia che sempre più invade la nostra vita occidentalmente “evoluta”.
Vale davvero la pena di passarvi qualche giorno.