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Il catholicos armeno Aram I parla al Papa di dialogo con l’islam

La Stampa, Italia
6 aprile 2018
 
 
Il catholicos armeno Aram I parla al Papa di dialogo con l’islam
 
Il presidente Sargsyan e il conflitto in Nagorno-Karabakh: se riuscissimo a ottenere un accordo con l’Azerbaigian, sono certo che potremo regolare anche le relazioni con la Turchia
 
 
Iacopo Scaramuzzi
Città del Vaticano
 
Nel corso del colloquio privato che ha avuto con Papa Francesco, Aram I, catholicos di Cilicia, ha parlato di «genocidio» armeno, ha caldeggiato l’individuazione di una data comune di Pasqua per tutti i cristiani, ed ha sottolineato la necessità di porre maggiore attenzione al calo di cristiani in Medio Oriente e al dialogo con l’islam. Il presidente uscente Serzh Sargsyan parla del conflitto in Nagorno-Karabakh: «Se riuscissimo a ottenere un accordo con l’Azerbaigian», afferma, «sono sicuro che potremo regolare anche le nostre relazioni con la Turchia».
 
 
 
Jorge Mario Bergoglio ha inaugurato ieri una statua di bronzo nei Giardini Vaticani che raffigura l’eroe della cultura armena, san Gregorio di Narek, dopo aver ricevuto, in mattinata nel Palazzo apostolico, Sargsyan e i due massimi rappresentanti della Chiesa apostolica armena (o Chiesa ortodossa armena), il Catholicos di tutti gli Armeni Karekin II e il Catholicos di Cilicia Aram I (alla cerimonia era presente anche il patriarca Bedros della Chiesa armeno-cattolica).  
 
 
 
Nel corso del colloquio privato, riferisce oggi il Catolicosato della Grande Casa di Cilicia, «il catholicos Aram I ha ringraziato il Papa per la sua posizione ferma nel riconoscere il genocidio armeno. Nel corso dei colloqui che hanno affrontato le questioni che l’umanità deve affrontare, le minacce del mondo, e la risposta cristiana, Sua Santità Aram I ha sollevato le seguenti questioni». Primo, «una data comune per Pasqua. Il catholicos ha notato che le Chiese celebrano la risurrezione di Cristo in date diverse non a causa di un disaccordo teologico ma solo perché hanno adottato calendari liturgici differenti (Gregoriano e Giuliano), ed ha proposto che le Chiese concordino una data comune come segno dell’unità dei cristiani».  
 
 
 
Secondo, «attualmente tutte le Chiese affrontano conflitti interni e divisioni a causa delle questioni sociali. Aram I ha dunque proposto che le Chiese sospendano i loro antichi dibattiti teologici e focalizzino l’attenzione nel trovare risposte comuni alle questioni contemporanee che i loro fedeli devono affrontare». Terzo, «come leader spirituale che vive in Medio Oriente, Sua Santità ha parlato dell’urgenza di una comprensione comune tra cristiani e musulmani ed ha proposto che il dialogo cristiano-musulmano divenga una priorità nell’agenda dei dialoghi teologici bilaterali». E, infine, «condividendo la sua preoccupazione per il calo del numero di cristiani in Medio Oriente, il catholicos Aram I ha parlato della necessità di una maggiore attenzione da parte del Vaticano».
 
 
 
Anche la sede centrale della Chiesa apostolica armena, guidata da Karekin II, fa sul suo sito internet una cronaca della cerimonia di ieri mattina per svelare la statua bronzea di san Gregorio di Narek «eretta nei giardini vaticani per beneficenza di Mikael Minasyan, ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica d’Armenia presso il Vaticano, del bsuinessman Artur Janibekyan dalla Russia e grazie agli sforzi di Vardan Karapetyan, presidente del dipartimento per la cultura dell’ambasciata armena in Vaticano».
 
 
 
Il Pontefice argentino ha elevato san Gregorio di Narek alla dignità di Dottore della Chiesa Universale il 12 aprile 2015 con lettera apostolica annunciata il giorno della messa speciale celebrata a San Pietro per i fedeli di rito armeno. In quell’occasione, Jorge Mario Bergoglio ricordò peraltro il «genocidio» di inizio Novecento, commemorato dagli armeni il 24 aprile, l’esplicito uso del termine contestato dalla Turchia che suscitò le proteste di Ankara e il ritiro temporaneo del proprio ambasciatore presso la Santa Sede. Proteste poi ribadite – senza ritiro dell’ambasciatore – quando il Papa è tornato a usare il termine «genocidio» durante la visita in Armenia del giugno 2016. L’idea di offrire alla Città del Vaticano e a Francesco la statua bronzea inaugurata oggi ha preso corpo proprio in occasione del viaggio del Papa, quando il presidente Sargsyan donò al Pontefice argentino una miniatura bronzea di San Gregorio di Narek con l’auspicio di poterla vedere un giorno installata a grandezza naturale nei Giardini Vaticani. Cosa avvenuta nel corso della breve cerimonia avvenuta ieri che non ha ovviamente toccato il controverso tema del «genocidio» né altre questioni politiche.
 
 
 
Il presidente armeno uscente Serzh Sargsyan (nei prossimi giorni si insedierà il suo successore, già eletto dal Parlamento, Armen Sarkissian), da parte sua, dopo avere incontrato il Papa ha scambiato con il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, opinioni su «le questioni e le sfide regionali», si legge in un comunicato della Presidenza arena, «compresi i colloqui per una pacifica composizione del conflitto del Nagorno-Karabakh» tra Armenia e Azerbjgian. «Serzh Sargsyan ha aggiornato il Segretario di Stato sugli ultimi sviluppi nel processo di composizione del conflitto. In questo contesto, è stato sottolineata la necessità di una risoluzione esclusivamente pacifica del conflitto». Un tema ripreso dal Capo di Stato armeno in una intervista concessa oggi a Vatican News: «Io – afferma in risposta ad una domanda circa la speranza che con Azerbajgian e anche Turchia arrivi finalmente una vera pace – non vedo nel futuro prossimo possibilità che queste relazioni possano essere regolate. Loro dovrebbero lasciare da parte le loro illusioni. Noi non accettiamo la loro convinzione di poter risolvere i problemi con la forza, perché sono forti. Il problema del Nagorno-Karabakh è molto complicato e senza compromessi da entrambe le parti non si potranno trovare soluzioni, quindi se riuscissimo ad ottenere un accordo con l’Azerbaigian per la soluzione del problema del Nagorno-Karabakh, sono sicuro che potremo regolare anche le nostre relazioni con la Turchia». Quanto alla speranza che i profughi armeni in Siria e Iraq possano tornare nelle loro case, «i danni che sono stati causati in Medio Oriente a tutta la popolazione e alle nostre comunità armene sono difficilmente recuperabili, soprattutto per la nostra gente», risponde Sargsyan. «Il danno è talmente grande, che difficilmente si potrà ricostruire una comunità in quelle zone, anche nel caso finisse il pericolo della guerra. Anche se io ho grandi dubbi che nel prossimo futuro, la guerra possa finire». Il presidente armeno, che ha incontrato cinque volte il Papa nel corso della sua presidenza (2008-2018), è stato peraltro ricevuto oggi al Quirinale dal Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella.
 
 
 
 
 
 
 
George Mamian: