Armin T. Wegner
Pensando a mio padre, cercando di vedere, attraverso i suoi occhi e nella sua memoria
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Così oggi scriverebbe mio padre: …è passato più di un secolo dal genocidio degli armeni. Popoli anche più grandi hanno sofferto grandissimi dolori. Pieno di vergogna il testimone è là…nei deserti dell’Anatolia e della Siria… ha visto qualche cosa che nessuno avrebbe potuto vedere senza rischiare la vita. Ma anche attorno a lui si è creato il silenzio, in qualsiasi direzione si rivolga bussa a porte chiuse: …“abbiamo il nostro dolore, perchè dobbiamo angustiarci del dolore degli altri da lungo tempo dimenticato?
Forse oggi non è più così. Un giorno, un mese, un anno, i giorni della memoria ritornano, ma per la prima volta ci sentiamo anche noi fuori dal tempo, sospesi, chiusi nelle nostre case senza comprendere il perché di quanto avviene, e forse siamo più disposti a pensare e a condividere il dolore degli altri.
Ci sembra di subire una violenza senza speranza per il futuro, come avvenne per gli Armeni in quel 24 Aprile 1915.
Il male del presente, ma soprattutto l’incertezza del futuro creano un legame forte con quel passato anche se avvertiamo l‘impossibilità di una comparazione. Si tratta di stati d’animo.
Per la prima volta viviamo la paura, sappiamo chi è il nemico ma difendersi è difficile, talvolta impossibile e possiamo soltanto cercare di non incontrarlo. Non comprendiamo, non sappiamo perchè la minaccia ci sovrasta, non viene concesso di chiedere il senso di tale accanimento e siamo trascinati in un percorso di cui non conosciamo l’esito.
Per la prima volta in questi giorni le giovani generazioni vivono direttamente nel loro animo la paura di quando, per eventi non previsti, ci si trova a metà tra il passato e il futuro e si scopre che nulla ritornerà come prima.
Nei genocidi chi deteneva il potere decreteva chi aveva il diritto di vivere e chi andava sterminato, con la sua storia e il suo passato. Uomini, donne, bambini,anziani strappati alla vita, persi per sempre, finiti nel dolore.
Oggi all'improvviso un membro della famiglia viene portato via sorretto da sconosciuti, non si sa verso quale destino. L’unica speranza, oggi come allora, è riposta nei Giusti nascosti che combattono per la vita, per fermare il male.
Mai come in questi giorni di confinamento possiamo aprirci al dramma del popolo armeno dimenticato e negato, sentire vicino il racconto del destino tragico di tanti esseri umani. Il nostro dolore e le nostre difficoltà possono far sorgere pensieri di condivisione e di solidarietà, prima di tutto rivolti a chi ci sta vicino, ma poi allargati al presente e al passato del mondo, ad una più vasta umanità.
Avvertiamo che questa volta non è solo commemorazione, celebrazione, ma la consapevolezza che gli armeni, gli ebrei e tanti altri popoli sono stati in un mondo di sofferenza e di male, che il male si ripete nei modi più inverosimili e inattesi e che ancora una volta mancano le risposte.
Armin T.Wegner, mio padre, un Giusto per gli armeni e per gli ebrei, un testimone di verità che ha parlato per “una più vasta invisibile comunità“, con la consapevolezza di non avere potuto completare l’opera avviata: la consegna a noi per un altro tratto di strada.
Analisi di Mischa Wegner, figlio del Giusto Armin T. Wegner
24 aprile 2020