Il pane della vicina armena (in Italian)

Internazionale

NUOVI ITALIANI 12 febbraio 2010
Il pane della vicina armena
Sarah Zuhra Lukanic è una scrittrice nata in Croazia nel 1960. Vive
a Roma dal 1987.

Mia madre aveva un’amica armena, Tanya Balian, che per Pasqua
preparava una grande treccia fragrante, il cui profumo si sentiva per
tutte le scale del condominio. Si chiama corég ed è simile al
sirnice che si fa in Dalmazia. Solo che il pane pasquale della
signora Balian era più buono.

Un popolo che ha vissuto la diaspora ha bisogno di frugare nei
ricordi di tutti i membri della comunità per ricomporre la sua
storia. Quella armena ha una data indelebile: il genocidio del 1915.
A volte l’uscita di un libro o di un film aiuta a rispolverare la
memoria collettiva. Ma l’esule non ha bisogno di film o di libri
per ricordare. L’esule vive del suo passato e con la forza del
ricordo ricostruisce tutti gli incastri.

Ã=88 quello che ha cercato di fare Sonya Orfalian, un’armena nata in
Libia e trapiantata a Roma. Sonya è un’artista e per riordinare la
diaspora del suo popolo ha scelto di partire dalla cucina. Il libro
La cucina d’Armenia (Ponte alle Grazie 2009) raccoglie ricordi,
ricette, usanze e consigli: tutto il vissuto di una comunitÃ
piccola, complessa e discreta.

La lettera capovolta
L’appuntamento con Sonya è nella sua casa romana alla Magliana. Le
pareti sono impreziosite dai suoi quadri, talmente essenziali da
sembrare giapponesi. Il pavimento è abbellito da un tappeto che
riprende un suo disegno con le lettere dell’alfabeto armeno. Mi
racconta che i tessitori l’hanno rimproverata perché per motivi
estetici ha capovolto una lettera. Ma Sonya conosce bene l’alfabeto
armeno. Ha imparato a leggere la lingua dieci anni fa, prendendo
lezioni a casa di un’amica iraniana, anche lei figlia della
diaspora armena.

Mi racconta anche del suo bisnonno paterno che lavorava in Sudamerica
e di suo nonno che si è trasferito a Gerusalemme ai tempi
dell’impero ottomano. Suo padre è nato là , mentre sua madre è
nata in una comunità di rifugiati armeni ad Aleppo, in Siria. La
saga della famiglia Orfalian è poi continuata in Libia, dove Sonya ha
frequentato la scuola italiana.

In una diaspora così lunga e imprevedibile, una società può
sopravvivere solo raccontandosi. Nella diaspora armena la chiesa ha
svolto il ruolo dello stato ed è stata un rifugio sicuro per la
comunità . Come l’isola di San Lazzaro dei padri mechitaristi a
Venezia, che oltre a museo e biblioteca, ospitava una stamperia che
riproduceva testi in trentasei lingue. Quando vado a Venezia, dormo
al collegio armeno di Moorat Raphael, a Dorsoduro, che in passato è
stato un asilo per poeti e scrittori armeni.

L’ingrediente segreto
Poi parliamo degli armeni a Roma, ormai poche migliaia di persone. Il
loro punto di riferimento è la chiesa di san Nicola da Tolentino,
vicino al Pontificio collegio armeno. La comunità pubblica anche la
rivista quindicinale Akhtamar che si concentra sulla cultura di
questo popolo. In Italia esistono comunità armene a Venezia, Milano,
Padova e Roma, mentre in passato c’è stata una significativa
presenza armena anche a Livorno, Taranto e Bari.

Sonya si alza e prende dall’armadio una sua scultura. Ha la forma di
una pagnotta ed è fatta di marmo travertino. Ã=88 come se dentro
la scultura fosse impastata tutta la storia del suo popolo. Prima di
salutarci le chiedo la ricetta del corég. Mi spiega che bisogna
aggiungere all’impasto un cucchiaio di maleppo macinato. Ã=88 il seme
che si trova dentro il nocciolo di un ciliegio selvatico che cresce
in oriente. Ecco perché il pane pasquale della signora Balian era
così speciale. Sarah Zuhra Lukanic