La Stampa
July 26, 2004
RISPARMIO INDIVIDUALE I NOMI E GLI AFFARI SCHWARZENEGGER SI ARRENDE E
I PELLIROSSE VINCONO ALLA ROULETTE
Sacchi Valeria
Valeria Sacchi PELLIROSSA alla riscossa, con la benedizione dei
“”bianchi”” e grazie agli sgravi fiscali decisi da George Bush che
stanno mettendo in ginocchio le finanze dei vari Stati americani.
Pochi giorni fa, anche il governatore della California Arnold
Schwarzenegger, che aveva fatto della guerra al gioco d’azzardo
indiano un punto qualificante del suo programma, ha alzato bandiera
bianca autorizzando cinque tribu’ pellirosse ad aprire casino’ nelle
loro riserve in cambio di un versamento in tasse pari a un miliardo
di dollari l’anno. Sull’esempio del governatore dello Sato di New
York, George Pataki, e di quello di Philadelphia, Edward Rendell.
Ma perche’ gli indiani? Perche’, grazie ad antiche leggi, le riserve
sono territori autonomi, dove il gioco d’azzardo non e’ vietato. E il
gioco, negli Usa, e’ una sicura fonte di entrate: nel 2003 il giro
d’affari delle scommesse e’ salito a 27 miliardi di dollari, contro i
9,5 miliardi spesi per il cinema, i 10,3 miliardi assorbiti dai
parchi divertimenti e i 24 miliardi andati nell’affitto di dvd. Solo
superato dalla passione per la pesca, che ingoia oltre 41 miliardi
all’anno.
In un certo senso, la situazione dei poveri governatori degli Stati
Federali assomiglia a quella dei sindaci italiani – e relativi
presidenti di Regione – che pochi giorni or sono hanno marciato su
Roma per protestare contro i tagli della finanziaria e che, se Silvio
Berlusconi terra’ fede all’impegno di ridurre le tasse, dovranno
escogitare nuovi marchingegni per salvare le spese sociali. A Rendell
i soldi delle slots machines servono per diminuire le imposte
immobiliari mentre Pataki ha destinato i proventi delle corse dei
cavalli alle scuole pubbliche.
In attesa che la passione per il gioco crei una nuova classe di
miliardari indiani, i grandi re dei casino’ Usa non stanno con le
mani in mano. A suonare la riscossa e’ stato Kirk Kerkorian, il
novantenne finanziere di origine armena che il mese scorso ha messo a
segno la maggiore acquisizione nella storia del gioco d’azzardo
conquistando il Mandalay Resort che, fuso alla sua Mgm Mirage,
avrebbe dato vita al primo operatore di casino’ al mondo con 6,4
miliardi di fatturato. Ma il vecchio Kirk e’ stato subito surclassato
dalla decisione dalla rivale Harrah Entertainment che, comperando
Caesar Entertainment, passera’ in testa con un giro d’affari di 8,8
miliardi di dollari.
La mania del primato non conosce confini. A Modena, la Ducati
presieduta da Federico Minoli e controllata dal fondo americano Texas
Pacific ha avanzato un’offerta per rilevare l’Aprilia di Ivano Beggio
in profondo rosso, con un obiettivo: creare il polo italiano delle
moto. Ma Roberto Colaninno, padrone della Piaggio, non ci sta. Anche
lui si e’ messo in corsa, nonostante tra Ducati e Aprilia sia stata
avviata una trattativa in esclusiva. E cosa, se non l’aspirazione ad
essere il piu’ grande, spinge il padrone di Luxottica Leonardo Del
Vecchio a migliorare ancora una volta l’offerta sull’americana Cole
per sconfiggere i cinesi di Moulin International? In Svizzera, la
tedesca Bayer acquista dalla Roche guidata da Franz Humer la
divisione farmaci senza ricetta, salendo di colpo, in questo settore,
dal sesto al terzo posto dopo Johnson & Johnson e GlaxoSmithKline.
Un’operazione che, come spiega il direttore esecutivo di Bayer Werner
Wenning, conferma l’intenzione del gruppo di Leverkusen di diventare
negli Otc il numero uno al mondo.
Maxi fusioni anche nel settore discografico: il matrimonio tra Bmg,
divisione musicale del gruppo Bertelsmann, e la giapponese Sony dara’
vita ad un colosso con un fatturato di 7,5 miliardi di dollari,
secondo solo a Universal Music e guidato da Andrew Lack. L’intesa
restringe ora a quattro i grandi protagonisti dell’industria del
disco: Universal, Sony, Warner Music e Emy che, insieme, si
spartiscono l’80% del mercato.
Ma gli esperti del settore si dicono certi che il processo di
concentrazione continuera’. L’accordo ha gia’ ottenuto il via libera
dall’Antitrust europeo, a conferma che il commissario Mario Monti sa
anche essere buono, come dimostra l’archiviazione dell’indagine sui
contributi all’editoria italiana – destinati a preservare il
pluralismo dell’informazione – e il via libera al prestito
all’Alitalia guidata da Giancarlo Cimoli. Nell’alimentare italiano
continua invece la guerra della pasta, ingigantita dalla crisi dei
consumi che sta mettendo in serie difficolta’ molti piccoli
produttori. Cosi’, alla fine di un braccio di ferro, il napoletano
Mario Maione, proprietario del Pastificio di Nola, del Pastificio
Carmine Russo e della Payrano, si e’ aggiudicato La Molisana
sbaragliando concorrenti agguerriti come il gruppo Guacci –
controllato dalla svizzera Tmt che fa capo a Angelo Mastrolia – e la
Colussi.